I pargoli in questione sono dotati di valigie ingombrantissime, sembra che debbano passare due mesi nella legione straniera. Riusciamo bene o male a sistemarci tutti nelle cabine a noi assegnate, all'infuori di sei ragazzi che si sono trovati la cuccetta occupata da altrettante fanciulle più o meno coetanee, che hanno la prenotazione per lo scompartimento accanto. Si tratta di studentesse di un altro liceo di torino, che casualmente vanno in gita a Roma. Si scusano per l'errore e chiedono di poter scambiare i due scompartimenti, per non dover spostare l'ingente quantità di valigie. I maschietti cavallerescamente acconsentono, chiedendomi il permesso. Non mi sembra una questione di stato, e li lascio tranquillamente fare.
Non immaginavo di scatenare una tragedia di dimensioni bibliche.
Mi trovo davanti, infatti, un essere cubiforme di sesso femminile, sfoggiante frangetta rampante e caschetto platino, e dotato di uno spiccato accento sannita.
Raramente in vita mia ho visto un tale attentato al buon gusto.
"Fuori!" tuona la megera rivolgendosi ai miei studenti, senza tener conto del fatto che erano state le SUE studentesse a sbagliare scompartimento.
Queste iniziano a chiocciare deboli proteste mentre lei sbraita: "se questi rompono qualcosa, ci andiamo di mezzo noi! Abbiamo una responsabilità! Anche la vostra professoressa dovrebbe saperlo!" e mi scocca un'occhiataccia. Io faccio la vaga.
Sospiro: sono ancora lontana dal diventare una vera insegnante. Forse non lo voglio nemmeno.
Iniziamo una complicata manovra nello strettissimo corridoio, tra ragazzi, ragazze e valigie. Vagamente claustrofobica, sbuffo nel guidare la manovra sotto gli occhi porcini della sannita cubiforme.
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